l video promozionale delle Olimpiadi invernali Milano – Cortina 2026 ci trasporta in un viaggio suggestivo attraverso le bellezze naturali italiane, mostrandoci cime immacolate, cime maestose e boschi incantevoli. La montagna appare come un paradiso intatto, un’immagine che contrasta con l’idea dei grandi eventi per come li conosciamo. Le Olimpiadi portano con sé la necessità di realizzare infrastrutture e interventi significativi, impattando un ambiente già delicato e messo a dura prova.
Il fotografo Alessandro Ghezzer ha creato una mappa, pubblicata sui suoi profili social, che evidenzia tutti i comprensori sciistici delle nostre Alpi, rivelando una densa rete di infrastrutture umane, con le Dolomiti considerate da alcuni come le zone montane più antropizzate al mondo. Questa immagine rende evidente l’impatto del turismo su vasta scala sull’arco alpino, un carico antropico già significativo che sarà ulteriormente amplificato dalle infrastrutture pianificate per Milano – Cortina 2026, incluso il dibattuto progetto della pista da bob.

I grandi eventi sportivi stanno diventando sempre meno richiesti nel tempo, con un numero sempre più basso di paesi desiderosi di ospitarli, data la spesa elevata e il rischio di realizzare opere che potrebbero rimanere inutilizzate dopo l’evento. La storia delle Olimpiadi invernali Milano – Cortina 2026 segue questa tendenza, con la candidatura italiana risultata vincente poiché l’unica rimasta sul tavolo del Comitato dopo il ritiro di Stoccolma.
Il dossier di candidatura italiano aveva tra i propri pilastri fondanti l’obiettivo di realizzare l’evento a costo zero per la collettività e garantire la piena sostenibilità del progetto, evitando di consumare terreno e riutilizzando per il 90% strutture già esistenti. Tuttavia, i costi previsti ad oggi superano ampiamente 3 miliardi di euro, con 124 milioni di euro oltre l’IVA necessari solo per la costruzione della pista da bob a Cortina su cui intendiamo aprire una riflessione.
Ma non ci interessa valutare questa operazione solo dal punto di vista economico. La realizzazione della pista da bob, infatti, fa parte di un ampio piano di interventi che influenzano il delicato rapporto tra uomo e natura in un ecosistema montano che risente già della nostra presenza. L’Italia ha deciso di gestire questo dossier nominando un commissario che, nell’esercizio delle sue funzioni, agisce in deroga dalle normative italiane ed europee. Questa decisione ha limitato gli spazi di dialogo tra cittadini e istituzioni, che non hanno voce né accesso alle informazioni come avviene di solito durante una Valutazione Ambientale Strategica. Manca una procedura trasparente e partecipata per valutare l’impatto di questi interventi sul territorio e sulla sostenibilità economica e ambientale.
Proprio in riferimento alla pista, ai cittadini sono stati concessi solo 30 giorni per esprimere osservazioni su una documentazione complessa, di circa 200 pagine e 300 tavole tecniche. È difficile per chi non è stato coinvolto nella progettazione essere informato e partecipare attivamente a decisioni che riguardano un’opera pubblica di grande portata come questa.
I grandi eventi richiedono tempistiche serrate che riducono i processi partecipativi, dando agli amministratori locali e ai decisori politici una maggiore responsabilità. Non si può limitare tutto alle ricadute economiche (temporanee) di Milano Cortina 2026, ma serve ponderare bene e a tutto tondo le conseguenze permanenti di questo intervento sui 2 ettari di bosco che spariranno. Che tipo di occupazione genererà quando i riflettori sulle olimpiadi invernali si saranno spenti? Come cambierà l’ecosistema della valle dopo l’abbattimento degli alberi e l’ampliamenti della superficie cementata? Quali saranno i costi per mantenere in esercizio l’impianto sportivo pre-esistente, che aveva chiuso nel 2008 proprio perché le entrate erano insufficienti?
I cittadini e gli esperti si sono opposti in modo fermo a questo intervento, suggerendo alternative più sostenibili come l’utilizzo di impianti già esistenti in Austria o il recupero di strutture abbandonate idonee. Tuttavia, il Governo ha scelto di proseguire per la propria strada, assegnando l’appalto per i lavori e dando il via all’abbattimento dei primi alberi.
Una scelta contestabile anche alla luce delle parole di Christophe Dubi, direttore esecutivo delle Olimpiadi per il CIO, per cui l’intervento non era essenziale per lo svolgimento delle competizioni e che non avrebbe ricevuto alcun finanziamento da parte Comitato Olimpico, rimanendo integralmente a carico delle istituzioni italiane[1].
Saranno tagliati più di 500 larici nel bosco di Ronco, alcuni dei quali secolari, per fare spazio a un impianto sportivo destinato a una Federazione che conta solo 36 atleti tesserati in tutta Italia, causando una perdita di biodiversità che probabilmente poteva essere evitata.
Questo post è frutto di una rielaborazione della registrazione del podcast “Che clima fa”, realizzata nell’ambito della rassegna di divulgazione “Scienza in Paese” promossa dall’Associazione Chirone. Protagonisti della puntata Daniele Federico, giornalista scientifico, e Camilla Bianchi, assessora all’Ambiente del Comune di Brescia.
[1] https://www.ilgazzettino.it/nordest/belluno/pista_bob_cortina_d_ampezzo_cio_luca_zaia_discarica_oggi_30_settembre_2022-6960489.html